martedì 2 marzo 2010

Bachelet, 30 anni dopo … così vicino


Trent’anni dopo il suo “martirio laico”, l’Azione Cattolica tutta ricorda il presidente della scelta religiosa e del rinnovamento conciliare. Un uomo impegnato nella Chiesa e nelle Istituzioni civili che, ancora oggi, ci regala la lezione di un cristiano coerente con gli insegnamenti del vangelo. Un impegno che l’AC sente in modo particolare.
La pienezza e la coerenza con cui Bachelet seppe fare nella propria vita un’unità profonda tra il proprio essere credente, cittadino, uomo di cultura, marito e padre, laico impegnato a servizio della Chiesa e nel mondo, costituì, infatti, la sua prima e più radicale testimonianza, espressa in un’esistenza improntata alla capacità di fare incontrare vita e Vangelo.
Fin dalla giovanile militanza nell’Azione Cattolica, nella Federazione degli Universitari Cattolici Italiani, poi nel movimento dei Laureati Cattolici, Bachelet visse con passione la “ricerca della propria vocazione”, dell’unità con se stesso, sia sul piano della formazione personale, spirituale, culturale e intellettuale, che lo condusse allo studio del diritto, sia sul piano del servizio ecclesiale, con la scelta dell’impegno laicale nella Chiesa attraverso l’Azione Cattolica, sia, più tardi, su quello della disponibilità a servire lo Stato. Ambiti nei quali la consapevolezza della “dimensione verticale” dell’esistenza umana lo portò a porre a fondamento delle proprie scelte e del proprio stile di vita una cura costante e discreta della propria vita spirituale, la continua tensione a un coerente rigore morale e un costante riferimento al valore della competenza, come componenti essenziali della vita del credente impegnato nel mondo.
Bachelet visse dunque “l’impegno, ossia il riconoscimento della propria incarnazione” innanzitutto come senso dell’apertura alla responsabilità, intesa non come acquisizione di visibilità personale ma come forma di servizio (“il servizio è la gioia” ) e come capacità di farsi carico del proprio tempo. Un farsi carico che implicava innanzitutto l’abitudine a una sapiente lettura dei segni dei tempi: un esercizio che Bachelet compì sempre con un atteggiamento improntato alla fiducia nell’uomo e nella dimensione salvifica della storia: «questo nostro tempo», era infatti solito dire, «non è meno ricco di generosità, di bontà, di senso religioso, di santità, persino, di quanto non lo fossero altri tempi passati». Il che non significava non riconoscere le difficoltà e anche i drammi del proprio tempo: «Questo nostro tempo» continuava infatti quel suo discorso, «non è meno povero degli altri per le infedeltà, le immoralità nella vita morale privata e pubblica, in quella personale e in quella amministrativa, la irreligiosità e anzi la lotta alla religione, a Dio stesso» (V. Bachelet, Attuare il Concilio nel nostro tempo, 1965).
Fu anche grazie a tale approccio ricco di equilibrio e sapienza che poté portare un contributo così significativo alla costruzione della comunità umana del proprio tempo. Visse processi di grande complessità e di inevitabile tensione: in Azione Cattolica, che guidò a un decisivo ripensamento di se stessa, ma anche, più in generale, nella Chiesa dell’epoca postconciliare.
La sua testimonianza di vita, la persona bella che egli ha saputo essere, rimane davanti a noi come esempio luminoso a cui guardare per condurre al largo le nostre esistenze e, ancora oggi, la vita del nostro Paese.
Gabriella Salamina

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